BIRD: la libertà animale

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Andrea Arnold l’anno scorso è tornata a Cannes con Bird, un film sospeso tra il il documentario e la favola. Nelle sale italiane dall’8 maggio, Bird è una fotografia spiazzante, ma non per questo meno dolce, della vita adolescenziale nella Londra sub urbana. Con protagonisti Barry Kheogan, Franz Rogowski e una sorprendente e giovanissima stella emergente Nykiya Adamas, Bird rappresenta un caso unico del cinema arthouse contemporaneo

Bird: una regia libera

Bailey è una ragazzina di 12 anni che vive in uno squat (edificio occupato) nella disastrata periferia londinese, lontana da sfarzi e quiete. La sua famiglia è tutt’altro che convenzionale. Il padre Bug è un giovane irresponsabile che l’ha avuta a soli 16 anni, e fantastica sul far soldi con il muco allucinogeno di un rospo. Suo fratello Hunter guida una gang di ragazzini che picchia i mal capitati della città. Nonostante l’anarchia regni sovrana, sembra non ci sia spazio per i sogni e i desideri di Bailey, rifiutata dal fratello per far parte della gang e costretta dal padre ad essere qualcosa che non è. Tutto cambia quando incontra Bird, uno stralunato in cerca della sua famiglia, che incarna in pelle ed ossa -o per meglio dire, in piume ed ossa- i sogni della giovane protagonista.

La storia di Bird è un coming of age che combina l’aderenza al reale del documentario alla magia e al folklore del fantasy. La regia aderisce a questa linea e rinuncia a inutili estetismi, grandi piani sequenza e inquadrature curate e studiate. La “macchina a mano” segue per la maggior parte le vicende lasciando che lo spettatore si immerga totalmente nel film. La regia è libera da qualsiasi “stabilità”, da qualsiasi sguardo fisso e programmato. Eppure l’immagine non perde la sua forza che invece trasla dal piano formale a quello semantico. Sta  nel viso di una ragazzina che sogna, delusa e allo stesso tempo speranzosa, in una strada pericolosa dove si balla e canta, su una spiaggia sporca che sa raccogliere un desiderio inespresso.

Un incredibile lavoro è stato fatto anche sulla sceneggiatura. Dalle premesse fatte ci è consentito immaginare che anche la scrittura si concede libertà e scelte fuori dai canoni. Questo non è del tutto vero. Seppur si adatta a dinamiche non convenzionali, il film regge su strutture molto classiche che sono sapientemente nascoste, a dimostrazione del fatto che hanno tanto, e forse tutto ancora da dire.

Sguardo reale, sguardo fantastico

L’ambientazione, gli spazi, i nuclei sociali che abitano questo film non cadono vittima di nessun filtro. La criminalità della periferia è presente, il disagio sociale anche. Andrea Arnold però sa guardare oltre e riconosce nella più disastrata condizione sociale, la dignità e la “normalità” che gli appartiene. Bailey non vuole scappare dalla sua famiglia e dalla sua casa. Lei lotta per trovare un posto in mezzo a loro. Non si sente accettata ma non ha paura. Le regole di quel mondo le conosce e vuole diventarne la regina. La famiglia è disfunzionale ma sa amarla. Tra loro scorre complicità, solidarietà e unione. Possiamo dire lo stesso delle migliori famiglie di alta borghesia?

L’età adolescenziale qui è centrale e viene osservata proprio in relazione al contesto sociale. Durante il primo ciclo Bailey non si spaventa. È abituata a cavarsela da sola e a badare a se stessa. Viene raccontata nello specifico la spinta ribelle che la porta a voler cercare la propria identità, differenziandosi dagli altri. È una ragazza queer (come tutto il film se ancora non si fosse capito) e fatica a farsi valere in un mondo governato da uomini. Poi incontra Bird. Lui ha il suo stesso sogno: trovare la propria identità. Abbandonato da bambino, è tornato per conoscere le sue radici. Se Bailey vuole un luogo nuovo dove andare, Bird è alla ricerca di una casa in cui tornare. I due personaggi sono speculari e rappresentano il desiderio l’uno dell’altro.

Libertà animale

Il mondo animale ha un piano simbolico tutto suo all’interno del film. I ruoli canonici si invertono: se nel mondo umano vige la violenza e l’anarchia tipica delle bestie, la rappresentazione del mondo animale è ordine e pace. Bailey ama ogni forma di animale perchè rappresenta per lei la libertà che rincorre. La volontà di Arnold è quindi quella di indagare l’umano nella sua forma più primitiva che qui non è mai sinonimo di retrograda.

Il fantasy entra in scena con Bird. Con lui passiamo dal piano naturale a  quello soprannaturale. Bird ha la capacità di tramutarsi in uccello. Non ci è dato sapere come e perchè. Non c’è un prima o un dopo -è un uccello che può essere umano o viceversa?- ma solo un ciclo unico che unisce il suo umano alla bestia. La bestia però bestiale non è. Se il mondo animale è ordine e natura, Bird è un personaggio estremamente sensibile, empatico, paziente.

Se Kafka faceva diventare il povero Gregor uno scarafaggio, Arnold trasforma il suo personaggio in un uccello, segno di un ottimismo più accentuato rispetto allo scrittore Boemo. L’alienazione del diverso diventa in Bird il tratto di unicità che ci rende liberi. Tra tutti gli animali infatti Bailey è affascinata dai volatili. In cerca di libertà, come può non amare gli esseri capaci di librarsi in aria e decidere dove e quanto lontano andare? Questo infondo è il film: un ritratto dell’istintivo senso di libertà che alberga in tutti noi. Lo è sul piano semantico e narrativo quanto su quello formale con una regia che decide di andare controcorrente, senza accomodarsi ad abitudini e regole contemporanee, ma rimanendo quasi inclassificabile, rivendicando quindi la sua libertà.

Di Matteo Cantarella 

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Tags: Andrea Arnold, Barry Kheogan, Bird, Cannes, Franz Rogowski

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